martedì 21 maggio 2013

I leganti: origini e storia antica


"I lavori nella cattedrale erano rallentati in modo notevole, come accadeva sempre un mese prima di Natale. Gli spigoli e le sommità dei muri incompiuti erano coperti di paglia e letame delle scuderie, per impedire che il gelo rovinasse tutto. I muratori non potevano costruire d'inverno, appunto a causa delle gelate, dicevano. Philip aveva chiesto perché non potevano scoprire i muri la mattina e ricoprirli la sera; era raro che di giorno ci fosse il ghiaccio. Tom diceva che i muri costruiti d'inverno crollavano. Philip lo credeva, ma non pensava che fosse a causa del ghiaccio. Forse perché la calce impiegava diversi mesi per assestarsi. La pausa invernale le permetteva di indurire prima che riprendessero i lavori di costruzione. E questo poteva spiegare anche la superstizione dei muratori, secondo la quale portava sfortuna costruire per più di venti piedi in altezza nel corso di un anno. Se si superava quel limite, i corsi inferiori venivano deformati dal peso sovrastante prima che la calce potesse indurire."
Ken FOLLETT, I pilastri della Terra : Oscar Mondadori, pag 587

Pietra calcarea di colore bianco
Pietra calcarea di color giallo sabbia
Pietra gessifera

I primi leganti usati per le costruzioni furono il gesso e la calce aerea, il cui impiego era già conosciuto in epoca antichissima. La scoperta di questi leganti va connessa con le abitudini dei popoli nomadi i quali, usando focolari di fortuna, riparati con ciottoli di pietre calcaree o gessifere, avevano probabilmente osservato che le superfici di questi materiali poste a contatto col fuoco mutavano di aspetto, dando origine a sostanze che formavano con acqua delle paste, le quali, lasciate a essiccare, s'indurivano notevolmente. Data la difficoltà di raggiungere con i focolari e i forni a legna la temperatura necessaria per la cottura dei calcari è naturale che nei primi tempi prendesse maggior sviluppo l'uso del gesso, che infatti troviamo molto diffuso nelle costruzioni egiziane.
La cottura e il successivo spegnimento della calce era una operazione ben conosciuta dagli antichi Romani che diedero anche regole tecniche per quelle manipolazioni. In De Rustica di Catone, a proposito della produzione della calce e delle malte, indica che i migliori risultati si ottengono con i calcari di colore più bianco. Ugualmente si esprime Vitruvio che, oltre all'indicazione del colore e quindi della purezza del calcare, precisa che per calci da usarsi per murature è bene impiegare calcari compatti, mentre per calci da intonaci sono più indicati calcari porosi. Nelle varie trattazioni si trova esclusivamente menzione della calce aerea che richiede, prima dell'uso, un'operazione di spegnimento e una prolungata stagionatura in fosse. Su questo punto esistevano prescrizioni molto precise, rese obbligatorie, sembra, anche da un apposito ufficio di controllo. Secondo quanto ci tramanda Plinio, vi era l'obbligatorietà di usare soltanto la calce che avesse avuto una permanenza nelle fosse di almeno tre anni.
Per quanto riguarda l'impiego di malte resistenti all'acqua, preparate cioè con leganti idraulici, se ne trova il primo cenno a proposito delle cisterne di Gerusalemme, la cui parte inferiore, a contatto con l'acqua, fu ricoperta con intonaco impermeabile costituito da una miscela di calce con polvere di mattone, il cui uso risulta sia stato insegnato dagli operai fenici adibiti a quella costruzione.
Dalla caduta dell'impero romano sino al XVII secolo ben pochi sono stati i progressi nella tecnica costruttiva. Si proseguì l'uso della calce aerea e del gesso seguendo le stesse prescrizioni tramandate dai Romani e si continuò l'uso delle malte pozzolaniche, sia costituite da calce e polvere di laterizi sia da pozzolane naturali, alle quali di devono aggiungere, a quelle note da antica data di Napoli, del Lazio e di Santorino, quelle della zona renana, note sotto il nome di trass.

Testo tratto da "Luca BERTOLINI, Materiali da costruzione Vol. 1 : Cittastudi, pag 217"

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